Una volta lasciata la guida che ha guidato me e il gruppo attraverso le bellezze naturalistiche della Bolivia, prendo un bus notturno e mi dirigo verso una delle due capitali: Sucre.
In Bolivia di notte la temperatura scende, e – a differenza dei bus cileni – qui non c’è il riscaldamento e non forniscono coperte per proteggersi.
Per fortuna avevo addosso diversi strati di vestiti e ho passato la notte abbastanza al caldo, ma un episodio accaduto proprio quella notte mi ha fatto molto riflettere.
Un ragazzo boliviano, anche lui senza coperta, vedendo che ero un po’ infreddolito si è offerto di togliersi il giubbotto per darlo a me. È stato un gesto che mi ha toccato molto e, seppur io abbia rifiutato per non far stare lui al gelo, mi ha fatto pensare a quanto nella vecchia, ricca e fortunata Europa si sia persa questa solidarietà.
Arrivato a Sucre, il primo taxi mi chiede 10 boliviani (circa 1,30 euro) per portarmi all’ostello.
Indeciso se trattare faccio un paio di conti: per me 20-30 centesimi non fanno certo la differenza e forse non cambieranno la vita nemmeno al tassista, ma per lo meno potrà portare qualcosa di diverso da mangiare alla sua famiglia.
Nei due giorni seguenti di soggiorno a Sucre ho mangiato con 18-28 Boliviani (3-4 €) piatti di tutto rispetto, a base di pollo, patate, platano fritto, riso e il loro chorizo, una salsiccia un pochino piccante servita nel pane.
La signora dell’ostello mi dice che a La Paz tra 4 giorni ci sarà una grande festa. Decido quindi di prenotare per 5 notti l’ostello nella seconda capitale boliviana, la più alta del mondo (quasi 4000 metri di altitudine).
Nei 3 giorni prima dell’inizio della grande festa a La Paz ho visitato un po’ la cittadina, preso la teleferica per andare al mercato di El Alto, che conta un migliaio di bancarelle che vendono davvero di tutto, da parti per auto a cibo, crudo o cotto al momento.
E non dimentichiamoci del mercato delle streghe, che vale davvero la pena di visitare: qui i curanderos (ovvero gli sciamani) ti offriranno amuleti o rimedi di varia natura, per i più svariati mali.
Il terzo giorno l’ho dedicato al cammino della morte, una discesa di 30 km circa, su una stretta strada sterrata.
Il suo nome piuttosto evocativo lo si deve al fatto che questa strada – oggi percorribile solo in bicicletta – era un tempo percorsa dal traffico che da La Paz raggiungeva la cittadina ai piedi della montagna, in entrambi i sensi di marcia.
Diverse persone qui sono cadute nel canyon profondo 1000 – 1500 metri, si parla di 200 – 300 morti ogni anno finché la strada è stata chiusa.
Bisogna percorrerla in maniera molto prudente e avendo un po’ di esperienza alle spalle, contando sempre che la guida si fermerà spesso per dare indicazioni su tratti più pericolosi, oltre che per fare foto spettacolari!
Ed eccoci arrivati a sabato, il grande giorno della festa del Gran Poder.
Si tratta di una celebrazione religiosa dedicata al Jesús del Gran Poder, che però negli anni si è trasformata in una festa folkloristica dove 30.000 persone sfilano con i loro costumi tipici o simbolici del presente e del passato, ballando e suonando durante i 3 km del percorso.
La festa inizia alle 8 della mattina, la parte migliore è da metà giornata fin dopo il tramonto, e si prosegue fino a oltre la mezzanotte.
La domenica successiva La Paz cambia completamente volto: la città è vuota, il traffico quasi inesistente. In Bolivia le festività si passano in famiglia, è un’occasione per riunirsi e mangiare tutti insieme, il piatto più ricco della settimana.
Dal mio racconto credo che si capisca che mi sono innamorato della Bolivia, ma soprattutto dei boliviani, e quando mi chiedono se mi sia mai sentito in pericolo dico “no, mai una volta”.
Certo osservando alcune regole di buon senso: niente vestiti costosi, niente telefoni da 1000€ in mano, gioielli, orologi… che più che altro mi sembra che il non ostentare la mia maggior possibilità economica, sia una forma di rispetto per queste persone.
Non ho parlato del mal di montagna, perché io non ne ho sofferto mai, nemmeno quando ho toccato quota 5000 metri. Ma se tra chi leggerà ci dovesse essere qualcuno soggetto a questo problema, qui fanno un infuso con le foglie di coca (la quantità di cocaina rilasciata non ha effetti psicotropi) che aiuta a diminuire la pressione e a non avere nausea anche ad altitudini elevate.
Arrivederci Bolivia, non cambiare mai, se puoi.